Un bilancio del 2024 dell'attività dello Studio Legale de Lalla. La nuova sede di Roma e le innovazioni legislative ovvero il Codice della Strada e La legge Nordio i Progetti per il 2025.
Concludiamo questo lungo speciale dedicato all’analisi sotto tutti i profili del reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., trattando degli strumenti di diritto che la Legge disciplina per la pronta tutela della vittima.
Si tratta di presidi normativi pensati dal Legislatore specificatamente per il reato in parola che, appunto, prima dell’introduzione nel nostro ordinamento del reato di stalking non erano contemplati dal codice di procedura penale o da Leggi ad esso collegate.
Tali strumenti di contrasto sono principalmente:
- il divieto di avvicinamento alla supposta vittima e ai di lei familiari ex art. 282 c.p.p.;
- la procedura di ammonimento ex art. 8 del dl 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009, n. 38.
Entrambi gli istituti hanno lo scopo di tutelare la vittima dalle condotte persecutorie assicurando, altresì, un intervento assolutamente rapido nel primo caso dell’Autorità Giudiziaria nel secondo di quella amministrativa.
Si tratta di procedimenti inevitabilmente caratterizzati da un accertamento preliminare sommario (azionabili dal PM nel caso dell’art. 282 c.p.p. e direttamente dalla vittima nel caso di richiesta di ammonimento) volto a garantire la celerità di esecuzione degli stessi.
La misura cautelare prevista dall’art. 282 c.p.p. (il divieto di avvicinamento) prevede l’iter applicativo delle altre misure cautelari personali restrittive: occorre la richiesta del PM al GIP (in fase di indagini) il quale – verificata l’effettiva esistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed una tra le esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p. – emette l’ordinanza applicativa della misura alla luce del disposto dell’art. 275 c.p.p. in materia di scelta della misura più opportuna al caso concreto e provvede nei dieci giorni successi ad interrogare l’accusato ex art. 294 comma II^ c.p.p..
Nel caso di richiesta di ammonimento, il provvedimento NON è giurisdizionale ma amministrativo e consta di una richiesta della presunta vittima al Questore (richiesta facilitata dall’utilizzo molto spesso di appositi format) il quale – acquisita sommariamente documentazione (anche prodotta dal richiedente) ed escusse eventuali persone informate dei fatti – emette l’ammonimento poi notificato al destinatario il quale può successivamente opporsi al TAR oppure con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
Bisogna anche rilevare, tuttavia, che proprio per la loro stessa struttura e scopo giuridici (assicurare una pronta tutela a coloro che assumono di essere vittime di atti persecutori) gli istituti del divieto di avvicinamento e (direi, soprattutto) la richiesta di ammonimento si prestano ad una compressione dei diritti dell’accusato (innocente fino a prova contraria) avverso la quale lo stesso ha strumenti di interlocuzione e contrasto piuttosto deboli (come detto, in special modo nel caso di richiesta di ammonimento che è un procedimento inaudita altera parte, azionabile direttamente dalla persona offesa e contraddistinto da particolare repentinità di applicazione e – aspetto che pare essere un vuoto legislativo – senza un limite di durata).
Analizziamo separatamente i due istituti avvalendoci ancora ancora una volta del pregevole articolo pubblicato su “Polizia Moderna” a firma di Irene Scordamaglia (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) e Laura Pagliuca (tirocinante presso la Suprema Corte di Cassazione).
Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa
Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Con tale strumento cautelare, disciplinato dall’art. 282 ter cpp, si fa divieto al destinatario di avvicinarsi a luoghi determinati, che siano frequentati abitualmente dalla persona offesa, oppure gli si impone di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla vittima (1).
In presenza di particolari esigenze di tutela, tale prescrizione è riferibile anche ai prossimi congiunti della persona offesa, nonché a persone con la stessa conviventi o comunque legate da relazione affettiva. In merito alla motivazione del provvedimento cautelare, si registra un significativo contrasto circa la legittimità dell’ordinanza che dispone il divieto di avvicinamento, senza indicare specificatamente i luoghi oggetto di divieto.
Un primo orientamento (2) ritiene legittima l’individuazione “per relationem”, con riferimento ai luoghi in cui, di volta in volta, si trovi la persona offesa, per cui, ove tali luoghi, anche solo casualmente, siano frequentati anche dall’indagato, quest’ultimo deve immediatamente allontanarsi. Diversamente opinando si consentirebbe all’agente di avvicinarsi a quei luoghi non rientranti nell’elenco tassativo dell’ordinanza, ma frequentati occasionalmente dalla vittima, così frustrando la ratio della misura.
Altro orientamento più restrittivo sostiene, invece, l’illegittimità dell’ordinanza che disponga il divieto di avvicinamento senza determinare specificatamente quelli oggetto di divieto, in quanto non consente all’indagato di conoscere preventivamente i luoghi cui gli è inibito l’accesso, con conseguente eccessiva limitazione della sua libertà di circolazione (3).
La procedura di ammonimento.
La procedura di ammonimento assume grande rilievo nell’ambito della lotta allo stalking, in quanto costituisce una misura preventiva volta a evitare alla vittima quell’escalation criminale che caratterizza gli atti persecutori e che comporta la realizzazione degli eventi tipizzati dall’art. 612 bis cp e, dunque, le ricadute negative sulla persona offesa dal punto di vista psichico.
Ai sensi dell’art. 8 del dl 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009, n. 38, fino a quando non sia stata proposta la querela (4), la vittima può rivolgersi all’autorità di pubblica sicurezza al fine di richiedere l’adozione da parte del questore di un provvedimento formale di ammonimento nei confronti dello stalker.
Il Questore, inaudita altera parte (5), se ritiene fondata l’istanza – anche attraverso l’esercizio dei poteri istruttori che la norma gli conferisce, tra i quali la possibilità di assumere sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti – ammonisce oralmente il soggetto, invitandolo a tenere una condotta “conforme alla legge”.
Scopo della procedura è sicuramente quello di prevenire la consumazione degli atti persecutori, di assicurare alla vittima una forma di tutela “anticipata”, operante anche ove le condotte non abbiano ancora raggiunto quel livello di reiterazione necessario per la sussistenza del delitto. Il contenuto dell’ammonimento consiste, non tanto in un generico invito al rispetto della legge, “quanto in uno specifico invito ad interrompere qualsiasi interferenza nella vita del richiedente” (6), con l’avvertimento che ove le condotte oggetto di istanza da parte della persona offesa vengano reiterate, esse oltrepasseranno la soglia della rilevanza penale.
Da ultimo è bene specificare che, stante la genericità del dettato normativo, deve ritenersi che, ai fini dell’operare delle due conseguenze che la legge riconnette al mancato rispetto del provvedimento – procedibilità d’ufficio e applicazione della circostanza aggravante- è necessaria un’identità dei fatti per cui è intervenuta l’istanza di ammonimento e quelli oggetto di contestazione penale, nonché l’identità tra la vittima che ha proposto istanza di ammonimento e la persona offesa dalle condotte che abbiano assunto rilevanza penale.
NOTE
(1) Sez. 6, n. 42021 del 13.9.2016, Rv. 267898, ha stabilito che “è legittima l’ordinanza che dispone, ex art. 282 ter cpp, oltre al divieto di avvicinamento all’abitazione e al luogo di lavoro della vittima, anche l’obbligo di mantenere una determinata distanza (nella specie di 300 metri), in caso di incontro occasionale con la persona offesa.”
(2) Sez. 5, n. 28677 del 14.3.2016, C, Rv. 267371-
(3) Sez. 5, n. 28225 del 26.5.2015, Rv. 265297.
(4) Specificazione necessaria ad evitare possibili interferenze tra il procedimento penale e quello amministrativo.
(5) La scelta del legislatore di consentire l’adozione del provvedimento senza integrare il contraddittorio con il destinatario dello stesso è stata talvolta criticata in dottrina, in quanto seppur ci si trovi al cospetto di un provvedimento di carattere amministrativo, lo stesso ha ricadute concrete sul piano penale, poiché, ove il presunto autore degli atti persecutori non rispetti l’ammonimento, da un lato, il reato diviene automaticamente procedibile d’ufficio, dall’altro, ove in sede di giudizio venga riconosciuta la responsabilità penale dell’imputato, è applicabile la circostanza aggravante prevista dall’art. 8 del decreto.
(6) L. PISTORELLI, “Il reato di stalking e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009, conv. in l. n. 38/2009”. In www.penale.it, Diritto, Procedura e Pratica Penale.
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